Cos’è l’Influencer marketing
Chi è un influencer? Qual è la differenza con un testimonial?
C’era una volta la pubblicità! Quella che si serviva di uomini immagine, sponsor, testimonial; personaggi famosi appartenenti al mondo dello spettacolo, della tv o dello sport, personaggi familiari, attendibili, considerati e acclamati.
Ma tutti sappiamo, fin dai tempi di Carosello, che questi personaggi vengono pagati profumatamente per prestare il proprio volto alla promozione di un marchio o di un prodotto. Si potrebbe considerare tale forma di pubblicità un mercimonio di volti noti… eppure funziona ancora oggi.
Nell’epoca dei social network, tuttavia, si può acquisire popolarità anche da casa propria, servendosi di uno dei tanti mezzi a disposizione degli utenti, legando la propria immagine a qualche settore specifico: i videogames, la musica, la fotografia, la moda, il pc, la cucina. Proponendosi come esperto di una specifica categoria e inondando i social network di filmati stimolanti e/o interessanti, è possibile diventare una vera e propria star, con migliaia di fans e followers. Più che una star si diventa un influencer: l’inquilino della porta accanto, un utente come un altro, a cui viene riconosciuta una certa reputazione in un determinato ambito.
Un influencer possiede un potere persuasivo e trainante superiore ad un testimonial, che invece viene visto come una celebrity che recita un copione per convenienza. Agli occhi degli utenti un influenzatore è un consigliere spassionato, un opinion leader attendibile, proprio perché slegato dai circuiti commerciali e del marketing.
Ad un influencer basta apparire pochi secondi in un video parlando magari di make-up e, nel contempo, tenere tra le mani uno smartphone di una certa marca per innescare nell’utente un desiderio incontenibile di imitazione e possesso.
Un influencer condivide ogni giorno momenti di vita con i suoi followers, interagisce con loro, intrattiene rapporti quasi amicali e viene ripagato con sentimenti di piena fiducia da parte dei suoi fans. Viene considerato quasi super partes e una sua opinione può condizionare molto il pensiero e le scelte dei suoi seguaci.
Su questo fenomeno sociale si basa l’influencer marketing.
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Influencer marketing nei piani strategici. Un trend in crescita.
“People trust people”. La percezione di genuinità vince sul più tecnologico degli spot, fatto di effetti speciali, luci, testimonial e toni carismatici.
Tra le digital PR, l’influencer marketing negli ultimi due anni ha conquistato posizioni riguardevoli anche rispetto a forme di marketing più blasonate.
Nel 2017 l’84% delle big farm ha ingaggiato o pianificato una campagna che prevede l’utilizzo di tali leve.
Ma questo non significa che per attivare una strategia di influencer marketing bisogna necessariamente ingaggiare a suon di soldoni blogger con migliaia di follower, la cui immagine evoca spesso messaggi casuali o dai contenuti banali.
È pur vero che viviamo nell’epoca dei big data e che si lavora principalmente guardando il target come numero piuttosto che come potenzialità ma, in alcuni casi, i micro influencer risultano più efficaci rispetto alle grandi star, in termini di KPI ed engagement.
Spesso, ad esempio, l’associazione di un prodotto può avvenire per affinità con il tema trattato dall’influencer. È preferibile puntare su blogger la cui affinità col brand o prodotto sia specifica e che siano in grado di comunicare ai followers la propria opinione in merito alle caratteristiche di un certo marchio, in modo disinteressato e da esperti.
Per comprendere l’affinità di un influencer con il proprio articolo, una buona analisi degli hashtag e delle interazioni che generano è la verifica più attendibile del buon esito della campagna di marketing che si intende intraprendere. Spesso le interazioni con i followers, infatti, consistono in recensioni o pareri tecnici su un determinato prodotto e sono finalizzate ad una celata spinta all’acquisto. Dunque, in tale ottica, un minor numero di followers raggiunti in maniera mirata è più efficace di un bombardamento casuale su un pubblico i cui interessi vanno in tutt’altra direzione.
È un po’ come decidere di andare a pescare con gli strumenti più adatti per quel particolare tipo di pesca.
Il business plan. Verificare la campagna tramite forecast e influencer specifici.
Per rendersi conto di quanto costi l’ingaggio di un influencer sul mercato, basta guardare la top ten e immaginarsi di spendere un pò meno per la rimanente quota. Huda Kattan, un’influencer di moda e fashion con 21 milioni di followers, guadagna fino a 18.000$ per ogni post sponsorizzato; Cameron Dallas, 20 milioni di seguaci su Instagram, Youtuber, attore e protagonista di un suo reality show, ambasciatore per Dolce & Gabbana, 17.000$ per post; Jen Selter, Zoe Sugg, Nash Grier, Chiara Ferragni viaggiano tra i 15.000$ e i 10.000$ a post. Un po’ meno costano gli altri ma, considerato il numero di interventi necessari ad una campagna di influenza, rimangono cifre significative.
Un accurato business plan è dunque d’obbligo. Soprattutto va individuato il giusto influencer, quello che per competenze e caratteristiche più si avvicina al settore aziendale relativo al prodotto o al brand che si intende divulgare.
Esistono molti softwares o agenzie che permettono di identificare gli influencers in base alle loro competenze e agli argomenti che trattano.
La scelta dell’influenzatore non deve avvenire solo in base ad un’indagine qualitativa e semantica, ma deve tenere in considerazione anche lo stile di vita, la forma mentis, le specifiche di cultura e visione che risultano il più possibile performanti per il proprio brand.
Una volta identificato il giusto tono di voce e i segmenti valoriali che vi sono collegati, vanno conteggiati i followers e profilati per affinità e potenziale di delivery.
Stabiliti gli obiettivi della comunicazione e i KPIs è più semplice scegliere l’influencer giusto, come anche propendere per l’attivazione di determinati canali e monitorare gli originari valori di riferimento.
La cooperazione del brand con l’influencer è un punto cruciale.
Strumenti come il post sponsorizzato di Facebook, consentono di divulgare contenuti elaborati dal brand pur lasciando libera la componente creativa dell’influencer, che con il suo stile personale sarà responsabile della costruzione del messaggio da inserire tra la cerchia di fans e followers, usufruendo degli strumenti di amplificazione e proliferazione propri dei social network.
L’evoluzione dell’influencer. Lo specialista.
Negli ultimi tempi si è già notata un’evoluzione – per certi versi scontata – della figura dell’influencer.
Originariamente era un blogger capace di gestire al meglio il proprio canale e la propria immagine, divulgando di tanto in tanto qualche prodotto e innescando una serie di commenti ai post. Oggi sempre più ci si rivolge a gruppi di interessi verticali o gruppi specifici, che consentono di confrontarsi con esperti di settore attendibili e affidabili che esprimano il loro parere tecnico obiettivo e disinteressato.
Del resto, un bravo influencer deve vendere un’opinione, un modo di pensare, e indirizzare i suoi interlocutori verso una determinata esigenza dandola come vincente. Per questo deve puntare su determinati requisiti, anche insoliti, pur di collegarsi al prodotto affidatogli, citando il brand tra le righe e con la giusta enfasi.
Non è sempre un compito facile, per un influencer, rimanere nei ranghi dell’opinionista super partes. C’è il rischio che, per incrementare ulteriormente gli introiti, possa sbilanciare la propria attività verso una forma primitiva di pura pubblicità. Ma ciò gli farebbe perdere consensi in tempi brevissimi, facendolo regredire da influencer a testimonial e danneggiando di conseguenza l’immagine dei brand trattati. Anche per questo le attività di ogni influencer sono costantemente monitorate da agenzie preposte.